mercoledì, febbraio 04, 2009

LABORATORIO PERMANENTE DELL'ATTORE A GELA...perché?

Si parte. Sono stati inviati i comunicati stampa... presto il materiale tipografico. Abbiamo scelto Gela per dar vita al Laboratorio permanente dell'attore per diversi motivi. Il primo l'affetto che ci lega alla città (Donatella, mia moglie è gelese ed io ho respirato attraverso lei e la sua famiglia un senso vero, bello e positivo di appartenenza alla città. Parlo di appartenenza senza isterismi e radicalismi. Appartenenza, legame. Come quello che tiene spesso uniti i siciliani alla propria terra. Secondo motivo: le necessità culturali e artistiche che questa città - il cui nome circola fuori dalla Sicilia spesso per situazioni non proprio edificanti - ha nel suo grembo. Salta subito all'occhio l'enorme patrimonio artistico, culturale e archeologico che la città detiene. A questo patrimonio spesso non è stato unito un reale movimento culturale - e teatrale nello specifico. Come molte altre città, Gela soffre oltre che di problemi interni anche della vicinanza con i grandi centri della Sicilia, e questo ha spostato altrove attenzioni che potevano essere concentrate sul territorio. Terzo motivo: è una scommessa. Sarebbe per certi versi più semplice organizzare una situazione del genere nel catanese - per anni l'ho fatto e continuo a farlo - ma abbiamo deciso di comune accordo di scommettere proprio sulle difficoltà che un evento simile in una simile città può dare. Siamo un associazione nata per coniugare il professionismo teatrale e attoriale con l'impegno sociale. Anche le motivazioni organizzative del laboratorio nascono dal matrimonio tra professione e rapporto con la società. Durante le lezioni non si parlerà soltanto di tecniche e metodi ma anche di valore di una professione, di etica, di principi e di necessità per la nostra società moderna di avere professionisti di un certo tipo. Certo questo discorso può portarci fuori dal teatro ed essere valido in genere per ogni professione. Embè? Meglio così. I teatranti non possono permettersi di vivere chiusi nella loro bolla magica senza tentare di stabilire un contatto con la realtà che vivono tutti i giorni (smettendo di osservarla con distacco da un palcoscenico). Altrimenti non avrebbero fatto teatro. Voi che dite?

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